L’inverno fa coprire le persone, ma spoglia gli alberi e rende più visibili gli antichi terrazzamenti, le mura nascoste e la pietra meno evidente.
Visitando brevemente una falesia della bassa Ossola ho notato più in alto nel bosco ripido delle gobbe rocciose rossastre, di una roccia un po’ diversa rispetto alle sottostanti pareti attrezzate.
Incuriosito decido di tornare. Negli ultimi tempi mi muovo (purtroppo) prevalentemente in solitaria nelle mie risicate escursioni arrampicatorie, ma questa volta a farmi compagnia sul treno e nella giornata c’è il trapano tassellatore (che condivido col socio Luigi). Sceso a Cuzzago (VB) inforco la bicicletta e brevemente mi porto alla base del pendio boscoso sottostante la struttura rocciosa obiettivo della giornata. Non c’è sentiero, solo qualche traccia di animale selvatico, che cerco di seguire tra le foglie secche. Rimonto uno sperone roccioso nel bosco e mi trovo dopo poco a costeggiare l’inizio della fascia rocciosa che costituisce la “radice” della struttura rocciosa. Su altre tracce mi porto alla base del primo tratto compatto di parete. C’è un bel sole e son contento di cimentarmi per la prima volta in un’apertura solitaria con trapano dal basso, autoassicurato. La parete complessivamente si presenta di difficoltà moderate, quindi la situazione è ben rilassata. Sotto, la Val d’Ossola fluisce, fluisce il Toce, la superstrada e la ferrovia.
In fondo occhieggia il lago Maggiore, a lato del Montorfano.
Mi trovo a percorrere roccia ruvida e solida, una gigante buccia d’arancia, che foro nei tratti più difficilmente proteggibili altrimenti.
L’ultimo tiro, decisamente più ripido, percorre una bella fessura che porta in cima alla struttura.
“Ciliegie sotto spirito”. Un periodo di energie e potenzialità (nonché di ragionamento e lucidità) almeno in parte bloccate, inibite. A me personalmente pare che attualmente siamo appunto un po’ come “Ciliegie sotto spirito”, costituzionalmente frutti di vita, saporiti, financo dolci, ma sotto una cappa di alcool e in un barattolo. Non vuole essere un riferimento pessimista a una condizione immutabile, bensì una (ri)connessione con le proprie potenzialità, energie e aspirazioni.
Felicemente in compagnia dopo circa un mesetto torno sulla struttura con l’amico locale Felice (grazie!), e percorriamo quelle che risultano altre belle possibilità a fianco di “Ciliegie”.
Questa seconda via è dedicata a Maurizio Orlandin, papà, istruttore CAI e chissà quante altre meravigliose cose, purtroppo travolto da una valanga. Il nome è un suo anagramma, non privo di significato, “Ori dinanzi al muro”.
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